Stati Generali al Senato

report a cura di Giulia Larocca
Il giorno 20 novembre 2025 alcuni degli organizzatori degli Stati Generali dell'Educazione Linguistica e Letteraria, tenutisi a Roma il 30 e 31 ottobre 2025, hanno presentato i principali punti discussi e i risultati raggiunti dai partecipanti alla due giorni al Senato della Repubblica, presso la Sala Caduti di Nassirya.
Ad aprire la conferenza stampa è stata la vicepresidente del Senato sen. Anna Rossomando. La senatrice ha espresso il proprio favore ed entusiasmo per il lavoro svolto durante gli Stati Generali: ne è emerso, citando le sue parole, un manifesto di idee per la scuola che non teme la complessità, ma l'assume come dimensione necessaria per restituire senso alla scuola di oggi. Denominatore comune alle proposte avanzate e alle molteplici voci che se ne sono fatte portatrici, ha sottolineato Rossomando, è la centralità riconosciuta alla parola e al testo. Questo riconoscimento rende evidente il ruolo cruciale che il linguaggio detiene non soltanto come oggetto di studio, ma come vero e proprio strumento di pensiero e di comunicazione intra- e interindividuale.
Sin dall'Unità d'Italia, ha continuato la senatrice, il linguaggio ha dispiegato al meglio le sue potenzialità sociali e politiche quando non ha operato come barriera e come discrimine escludente tra parlanti d'italiano e non, ma come strumento di inclusione, comunicazione e formazione. Il manifesto degli Stati Generali aggiorna questi temi al terzo millennio, alla contemporaneità.
Di contemporaneità ha parlato, in apertura al proprio intervento, anche la professoressa Francesca Gallina (UniPi), intervenuta subito dopo la vicepresente Rossomando per illustrare l'iniziativa degli Stati Generali. Trattare di contemporaneità nell'ambito dell'educazione linguistica e letteraria, per la prof.ssa Gallina, significa innanzitutto mettere in luce un nodo fondamentale: la formazione dei docenti deve essere intesa non in modo estemporaneo e distaccato dal loro futuro operato in classe e dall'influenza che questo operato avrà sui discenti, bensì come prerequisito imprescindibile di ogni formazione linguistica.
Coerentemente con questa visione, si è resa necessaria agli occhi di accademici e docenti l'elaborazione di una proposta non episodica, ma strutturale: così sono nati gli Stati Generali. Gli Stati Generali sono dunque stati pensati, nelle parole di Gallina, come punto di riferimento e incubatore di idee propositive, che non si limitassero a criticare e 'distruggere' polemicamente l'attuale stato di cose.
L'obiettivo delle numerose associazioni che hanno promosso l'iniziativa è stato sin da subito quello di costruire una proposta per l'educazione linguistica e letteraria non piegata all'ideologia, ma al contrario supportata dalle solide evidenze della ricerca scientifica. Per poter mettere a punto tale proposta era altrettanto necessario plasmare una prospettiva e un lessico comuni su cui fondarla. Ecco allora che tale prospettiva, tale lessico sono stati modellati per via dialettica durante il convegno, attraverso un movimento incessante e partecipativo di negoziazione collettiva dei significati.
La prof.ssa Gallina ha quindi lanciato una domanda a suo parere ineludibile per chiunque voglia mettere in luce i fondamentali dell'educazione linguistica lungo tutte le fasi dell'esistenza individuale e sociale ("prospettiva verticale"): quali sono le varianti irrinunciabili dell'educazione linguistica e letteraria?
Questa domanda ha accompagnato gli Stati Generali come punto di partenza e d'arrivo di ogni riflessione. Va da sé, ha precisato la professoressa, che non si tratta di una domanda sterile, priva di risvolti pratici: ogni proposta educativa che ne deriva, presentandosi come una delle risposte possibili a tale interrogativo, deve essere discussa e negoziata col mondo della scuola, dunque in primis con gli insegnanti, al fine di costruire un orientamento condiviso.
A questo punto, Gallina ha illustrato il metodo adottato nell'organizzazione degli Stati Generali: li si è preparati seguendo un percorso articolato che, concretizzando proprio la volontà di individuare un indirizzo comune al mondo della ricerca e a quello della scuola, coinvolgesse alla pari studiosi, insegnanti e rappresentanti delle associazioni, distribuendoli equamente nei cinque tavoli di lavoro. Tale metodo non si limita a richiamare la democrazia, ma autenticamente la pratica; lo fa ben guardandosi dal creare compartimenti stagni tra lingua e letteratura, dato che non esiste una separazione netta tra le due nella realtà scolastica e nell'esperienza quotidiana dei discenti.
I tavoli di lavoro, ha spiegato la professoressa nel concludere il proprio intervento, si sono posti lo scopo di identificare dei principi condivisi e di derivare da essi delle best practices, fornire cioè possibili strumenti di interpretazione della realtà educativa odierna e applicativi concreti a tutti i portatori di interesse, gli 'stakeholders' dell'educazione linguistica e letteraria che lavorano a scuola o ruotano attorno ad essa. All'intervento di Francesca Gallina sono seguiti quelli, più concisi, della prof.ssa Annalisa Nacinovich, della dott.ssa Lidia Liboria Pantaleo e del prof. Matteo Santipolo.
Nacinovich ha aperto il proprio discorso sostenendo che le democrazie mature, come quella italiana, hanno bisogno di un colloquio costante e intenso tra le loro istituzioni. Non solo: uno Stato democratico è chiamato a rendere disponibili a ciascun individuo gli strumenti necessari per imparare a comunicare in modo e in un contesto complesso. La comunicazione, nel nostro momento storico, richiede competenze linguistiche che siano in dialogo con la capacità di creare un immaginario, specialmente – ma non soltanto – narrativo, di produrre e comprendere testi complessi.
A sviluppare tali competenze in ciascun discente deve provvedere la scuola democratica la quale, se si vuole definire tale, ha il compito di garantire la cittadinanza per tutti/e1. La prof.ssa Nacinovich ha precisato che è indispensabile, a tal fine, stabilire una gerarchia di prassi operative e contenuti, ovvero individuare – ha aggiunto, sulla scia di quanto già affermato dalla prof.ssa Gallina – gli elementi davvero irrinunciabili per l'educazione linguistica e letteraria oggi, quelli da mettere in primo piano.
Nel fare ciò, si deve puntare a contrastare efficacemente il diffuso fenomeno dell'analfabetismo funzionale, ricordando sempre che l'alfabetizzazione non si esaurisce col periodo dell'istruzione scolastica, ma è un processo cangiante e costantemente in fieri che dura lungo l'intero arco della vita del singolo nella comunità di cui fa parte. La dott.ssa Lidia Pantaleo, intervenuta dopo Nacinovich, si è concentrata sul diritto dell'infanzia ala lingua, alla parola, all'espressione. Ha inoltre richiamato l'attenzione sulla realtà scolastica dei CPIA: la loro esistenza e il ruolo sempre più significativo che essi svolgono nel panorama educativo italiano vanno contemplati e tenuti presenti nella formazione dei nuovi docenti.
Per Pantaleo la domanda-chiave, che riunisce e dà senso alle sue considerazioni d'apertura, è questa: cosa vuol dire essere un insegnante oggi? In primo luogo, ha proposto, significa possedere e coltivare la consapevolezza del profilo dinamico e trasversale della lingua. La lingua è, innanzitutto, uno strumento per creare relazioni con gli altri e per conoscere sé stessi, ci mette in comunicazione col nostro pensiero e con quello di chi ci sta intorno.
Ogni insegnante, a prescindere dalla materia, usa la lingua: essa è, appunto, trasversale a tutte le discipline. Di conseguenza, ciascun docente è tenuto a farsi carico dell'educazione linguistica, che nella sua disciplina la lingua figuri come oggetto d'insegnamento o come puro strumento veicolare dei contenuti da trasmettere. Di qui, la necessità per tutti i docenti di entrare in contatto con le evidenze e i risultati della ricerca scientifica in ambito (glotto)didattico.
Ai docenti, ha proseguito Pantaleo, non servono però competenze esclusivamente epistemologiche, ma anche pedagogiche: un insegnante non deve solo sapere, ma anche saper fare, se intende contribuire in modo realmente efficace a costruire una scuola di tutti e di tutte.
Dopo Lidia Pantaleo, ha preso la parola il prof. Matteo Santipolo (UniPd), rappresentante dei soggetti coordinatori degli Stati Generali. Santipolo ha rilevato l'esistenza di un fil rouge particolarmente importante tra due dei cinque tavoli di lavoro, il tavolo "Italiano L2 nell'educazione plurilingue e pluriculturale" e il tavolo "Lingue straniere e plurilinguismo": si tratta della visione delle lingue in primis come strumenti di comunicazione nella vita quotidiana. L'italiano come lingua seconda è, per i parlanti non nativi e con background migratorio che vivono nel nostro paese, la chiave d'accesso alla cittadinanza affettiva e non solo giuridica, a un'appartenenza delle relazioni e dell'individualità. La direzione che i partecipanti agli Stati Generali hanno inteso e intendono tracciare, nel lavoro già fatto e in quello che si farà, va verso una promozione del plurilinguismo che sia al contempo educazione alla pluriculturalità.
Santipolo ha posto come ulteriore obiettivo da perseguire quello di trasformare tutto il lavoro sviluppatosi attorno agli Stati Generali – prima, durante e dopo di essi – in un volume da presentare alla Camera dei Deputati. Anche questa è conoscenza e riflessione condivisa: e il modo costitutivamente umano per creare pensiero comune è proprio, ha sottolineato nuovamente Santipolo, comunicare. Si rendono dunque parimenti necessarie da un lato la libertà d'insegnamento dei singoli docenti, sancita dall'art. 33 della Costituzione, dall'altro la messa in comune di idee e il dibattito costruttivo tra addetti ai lavori – la pluralità di "portatori d'interesse" precedentemente menzionata dalla prof.ssa Gallina. In politica scolastica, l'incontro di istanze diverse e il compromesso tra queste non è una via di mezzo da rifuggire, ma un passaggio fondamentale, se si vuole operare democraticamente e arrivare a conclusioni condivise e rappresentative di tutte le parti in gioco.
Tutti gli esperti – sia studiosi che docenti di scuola – sono egualmente chiamati ad affrontare le principali sfide educative dell'oggi: tra queste, la progressiva e ormai ineliminabile presa di coscienza che l'educazione linguistica riguarda trasversalmente l'intero sistema formativo e verticalmente tutte le fasi della formazione dell'individuo; e, specialmente, la questione vitale dell'utilizzo delle tecnologie a supporto della didattica, aspetto e manifestazione assolutamente non trascurabile della nuova rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo. Dall'individuazione e presa in carico di queste sfide nasce l'impegno a una collaborazione organica e di lungo periodo, e alla continua e partecipata rielaborazione dei documenti redatti dai cinque tavoli alla luce dei punti emersi il 30 e 31 ottobre, impegno che si fa senso profondo di tutto questo lavoro.
Ha chiuso la conferenza stampa, con un brevissimo intervento non privo di una nota di commozione, il prof. Giuseppe Noto (UniTo): i lavori proseguono, il dibattito sorto durante gli Stati Generali continua a evolversi e dare frutti, fino al prossimo aggiornamento.
